22 novembre 2014 - Viva l’Amore, ma quello vero

Intervento del Presidente UGCI sul progetto di educazione affettiva nelle scuole

Il Servizio Sanitario Nazionale dell’Emilia Romagna ha varato (o si appresta a varare) nelle scuole il progetto di educazione affettiva e sessuale “W l’amore”, di cui si è parlato in questi giorni in un comunicato stampa congiunto da parte del Forum Famiglie, dei Giuristi Cattolici, del Circolo Voglio la mamma, delle Sentinelle in Piedi e della Manif Pour Tous di Piacenza. L’iniziativa, rivolta a ragazzi di 13 – 14 anni, è anche pubblicata sul sito www.wlamore.it, nel quale sono stati accuratamente esclusi, tuttavia, i materiali didattici.

Dal punto di vista dei contenuti, il progetto “W l’amore” opera, da un primo punto di vista, un triste e mortificante appiattimento della educazione affettiva e sessuale degli adolescenti al suo aspetto erotico-genitale, che si ritiene ne dovrebbe invece costituire solo una parte, forse neppure la più importante. In esso è totalmente assente – anche solo a titolo informativo - una prospettiva della affettività e della sessualità fatta dei grandi ideali dell’amore e di quella che colloca la esperienza piena della sessualità nell’ambito del matrimonio.

Sotto altro profilo, peraltro, i contenuti ‘educativi’ di “W l’amore”, ben lungi dall’essere neutri ed oggettivi, hanno una forte ed evidente connotazione ideologica.

Il manualetto ad uso degli adolescenti, infatti, corredato di illustrazioni inutilmente esplicite e volgari (di per sé offensive dell’amore, quello vero, oblativo, che non usa l’altro per il proprio piacere), si afferma, tra l’altro, che i generi sessuali sono “molti e diversi tra loro”, mentre è evidente e noto che i generi, in natura, sono solo due, maschio e femmina, e gli altri sono solo deviazioni oggetto di teorizzazione nella discutibilissima e contestata teoria dei genders; che “non c’è un modo giusto di essere maschi e femmine e non ci sono caratteristiche esclusivamente femminili o maschili!” e che “esistono piuttosto modi di essere per esprimere te stesso/a”, mentre in natura sono evidenti le spiccate differenze tra maschi e femmine e dei loro rispettivi ruoli e modi di essere, a cui conduce uno sviluppo normale della personalità; che l’orientamento sessuale è “eterosessuale”, “omosessuale” o “bisessuale”, presentando scontatamente come esito normale ciò che, invece, per molti ed anche per le scienze umane, non è. In esso, si indica il preservativo (con specificazioni irripetibili) come l’unico rimedio alla trasmissione delle malattie veneree e per la prevenzione delle gravidanze, nonostante il fallimento delle politiche ONU nelle terre d’Africa, già denunciato da Benedetto XVI, e si presenta l’omofobia, neologismo dal significato ambiguo e discusso, come “pensieri, sentimenti e comportamenti negativi rispetto alla omosessualità e alle persone omosessuali”, facendo così rientrare nella categoria degli omofobi tutti coloro che, pur coltivando un profondo rispetto per tutte le persone, comprese quelle con tendenze omosessuali, pensano tuttavia che l’omosessualità costituisca l’esito problematico ed anomalo – e non normale - dello sviluppo della personalità, che gli atti sessuali omosessuali siano nocivi in sé, ed espressione di un disordine oggettivo, che il matrimonio sia solo quello tra un uomo ed una donna e che le coppie omosessuali non possano adottare bambini. Infine, nel caso in cui “qualcosa vada storto”, si propone l’utilizzo della pillola del giorno dopo, il famigerato Norlevo, dei cui sono noti – e, comunque, discussi -, gli effetti abortivi, e non semplicemente contraccettivi.

Ma l’educazione affettiva e sessuale dei minori compete ai genitori, e non alla scuola, che non può arrogarsela. Lo stabiliscono, tra l’altro, l’art. 26, comma 3, della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo (“I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli”); l’art. 2 del Protocollo addizionale alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (“lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”); conformemente, l’art. 30 della Costituzione (“E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”). Per cui prima di procedere a tali insegnamenti la scuola è tenuta ad informare i genitori ed ottenerne il consenso, senza del quale i minori non possono essere inseriti nei predetti programmi di insegnamento.

Accade, tuttavia, di frequente che da parte di alcuni si tenti di procedere ugualmente a tali insegnamenti, senza preavviso e senza dare adeguate informazioni ai genitori ed ai consigli di classe, come è avvenuto, per esempio, nel recente caso dei famigerati libretti dell’UNAR, poi opportunamente ritirati dal Ministero dell’Istruzione.

Un gruppo di persone evidentemente ideologizzate tenta, cioè, di sostituirsi ai genitori ed alle famiglie in quello che, sotto la parvenza della educazione affettiva e sessuale dei minori, è, in realtà un principio di indottrinamento ideologico, simile a quello attuato negli stati totalitari (gli esempi, anche recenti, purtroppo abbondano).

Si tratta di una operazione che approfitta della assenza o della debolezza dei genitori e delle famiglie, in molti casi distrutte da separazioni e divorzi o disorientate di fronte al dilagare di ideologie progressiste che, come ha di recente dichiarato Papa Francesco, hanno un solo scopo: la guerra alla famiglia, alla quale consegue, necessariamente, la distruzione della persona e, quindi, dell’uomo.

I nostri figli ci sono affidati; come genitori, vegliamo su di essi, perché abbiano dell’amore un’idea più vicina a quella che, quale immagine di Dio, la famiglia, formata da un uomo ed una donna aperti alla vita, ci vuole rappresentare.

 

Piacenza, 22 novembre 2014.

 

Livio Podrecca