intervento della D.ssa Daniela Galardi
Psicologa in Milano
PRENDE LA PAROLA DANIELA GALARDI, PSICOLOGA IN MILANO:
Ringrazio della sensibilità dimostrata da questo convegno nel mettere insieme la professionalità degli Avvocati con quella degli psicologi, perché credo che tra queste due discipline ci sia una grande affinità: penso,infatti, che gli Avvocati debbano essere dei buoni psicologi e in qualche modo anche noi dovremmo per certi versi garantire un po’ la legge del profondo dell'umano.
Il mio compito consiste nell’aiutarci a capire quali siano i disagi provati dai figli rispetto a una separazione e ad un divorzio; disagi che si esprimono soprattutto in difficoltà di tipo inconscio di cui il bambino o l'adolescente non è consapevole.
Difficoltà che si esprimono in genere in sintomi, in disagi psichici, ma anche a livello corporeo, somatico attraverso le malattie; a volte invece si evidenziano attraverso il comportamento, in una modalità di essere che dice di motivazioni più profonde che devono essere capite.
Non entro nel merito di che cosa ha portato due coniugi al divorzio e/o alla separazione, ma parto da ciò come dato di fatto esistente.
La realtà è un positivo
La separazione e il divorzio non sono mai un momento facile: dal messaggio trasmesso dai mass-media, per esempio dalle telenovelas, sembra che due persone guardandosi negli occhi si innamorino, decidano di vivere insieme e poi possano dividersi come fosse “acqua fresca”. Invece l’interruzione di un rapporto affettivo non è mai una cosa facile. Ma soprattutto non è mai una cosa indolore a livello profondo perché è sempre la rinuncia ed il fallimento di un progetto che è stato condiviso. E quando un progetto che c'era viene meno c'è sempre una delusione che genera dolore, perché in qualche modo ognuno di noi si proietta con speranza in ogni progetto: in ogni progetto ci siamo noi e questo vuole dire che ognuno di noi, se sceglie di modificare il progetto, attua un cambiamento nell’identità di sé.
Ogni cambiamento, ogni modifica del modo di concepirsi avviene attraverso la sofferenza. Ogni avvenimento della vita, ogni cosa che accade ha in sé una sofferenza: che sia un avvenimento che corrisponde ( matrimonio, ho trovato la persona della mia vita, una nascita,ecc) oppure un avvenimento che non corrisponde perché non piace rispetto alla realtà che andiamo immaginando ( la morte, la malattia, il fallimento), entrambi di fatto creano difficoltà e in qualche modo mettono in discussione la nostra identità acquisita.
Per cui vorrei che iniziassimo a guardare la sofferenza dei genitori e dei figli come la possibilità di una elaborazione anche positiva. Perché è attraverso la sofferenza che noi capiamo di più chi siamo.
Pensare che nella vita dobbiamo essere felici è giusto, ma teorico, soprattutto se per felicità si intende una realtà che deve corrispondere sempre all'immagine ideale che abbiamo di noi stessi e/o della realtà. E diventiamo depressi e infelici quando la realtà non ci corrisponde.
La realtà di per sé non è brutta, è la realtà e noi ci confrontiamo con essa. La realtà ha sempre il positivo di farci diventare più grandi e questa è la possibilità in qualsiasi situazione: anche nel divorzio e nella separazione dei genitori c'è comunque sempre la possibilità di una umanità maggiore per gli adulti che stanno vivendo dolorosamente la separazione, ma questo può valere, se aiutati, anche per i figli.
Questa è una sottolineatura che mi sembra fondamentale, perché altrimenti questo divorzio sembra essere qualcosa - come ogni altro avvenimento – “che ci è cascato addosso” e da cui non riusciamo poi più ad elaborare un positivo per continuare a vivere.
Il figlio dice : "…. Ma i miei si sono divisi"; questo è il dato, ma di fronte a questa realtà con cui ti devi confrontare, come puoi porti?
Tra coniugi e figli non c’è confusione
Qual è il problema grande della separazione? Per il bambino – soprattutto sotto ai 5 anni - è la perdita di quei punti di riferimento che sono un padre e una madre e si diceva :" …I genitori non possono rinunciare all'essere padri e madri, mentre possono scegliere di separarsi dal coniuge" ma perché questo? Perché il marito si sceglie e i figli sono un dono.
Noi genitori concreiamo, partecipiamo alla creazione. E questo ci costringe a guardare, a contemplare il fatto che questo figlio è non solo carne della nostra carne, ma è qualcosa che ci è affidato nonostante noi. Questo è iscritto così geneticamente nella nostra paternità e maternità che non possiamo rinunciare a ciò che siamo noi, per cui non possiamo rinunciare ai figli. Questo spiega il passaggio dal diritto di coniuge al dovere del genitore, perché il figlio è qualcosa che ci è dato, ci è affidato in quell'amore casto che vuole dire senza possesso, perché noi gli si possa offrire tutti gli strumenti perché lui realizzi se stesso. Non si può rinunciare alla genitorialità perché in quel figlio c'è il desiderio di un marito, di una moglie, che nel momento in cui hanno concepito si sono amati.
C'è così il desiderio di un uomo e di una donna che si mettono disponibili alla possibilità di un figlio nel concepimento, ma c'è anche il desiderio del figlio di venire al mondo. Ciascuno di noi è portatore di un desiderio non riducibile e a cui nessuno può rinunciare.
Perché la perdita di punti di riferimento è problematico per il ragazzino? Ciascuno di noi per realizzare la propria identità deve potersi confrontare con il proprio padre e con la propria madre che sono a loro volta essi stessi anche espressione della interazione con i propri genitori.
Verso i tre anni, età in cui Freud ha identificato l’insorgere del complesso edipico, è il periodo in cui il bambino inizia a cogliersi come “terzo”, come diverso e “altro” rispetto alla coppia di un uomo e di una donna che si amano.
Il figlio riconosce un'attrazione per il genitore del sesso opposto e vede il genitore del proprio sesso come rivale; per cui la bambina avrà delle fantasie su "io da grande sposerò mio padre" mentre il maschietto penserà "starò insieme alla mamma per sempre". Perciò il genitore del proprio sesso è visto come “rivale” rispetto alla relazione idealizzata, ma è anche possibilità necessaria di “identificazione” per lo sviluppo armonico della propria sessualità.
Per il bambino è importante capire che la coppia è già una realtà, e che lui è espressione gratuita di questa, ma non ne è esclusivamente lo scopo: il figlio è una espressione dell'amore di un uomo e di una donna, ma non è la condizione perché un uomo e una donna stiano insieme condividendo il proprio progetto d’amore. Comprendere questo è importante: i figli possono essere l'occasione perché i genitori riflettano di più sulle motivazioni che hanno condiviso e che hanno esplicitato nella scelta matrimoniale, però i figli non possono essere la condizione ultima perché due persone condividano formalmente un progetto senza amore.
Diversamente si finirebbe per caricare il figlio di una responsabilità non sua che trova espressione nell’affermazione: "Voi siete stati insieme perché ci sono stato io". Questo è un fardello affettivo e psicologico che il figlio può “usare” come ricatto rispetto alla coppia su cui inconsciamente esercita un potere e che i genitori stessi loro malgrado finiscono per subire.
Allora, il fatto che il figlio riconosca che la coppia è coppia e che in questa coppia non si può “entrare” vuol dire che il genitore chiarisce al figlio di essere già sposato e che in futuro il bambino di oggi diventato adulto si innamorerà e si costruirà la sua famiglia.
Ciò favorisce che il figlio viva in una relazione di dipendenza , ma riconosciuto con una sua propria alterità, non percependosi confuso nella realtà della coppia, con una propria identità affettiva. Il “tutti insieme appassionatamente” genera una grande con-fusione che non permette al figlio di cogliersi affettivamente autonomo rispetto ai propri genitori.
Allora qual è uno dei drammi nella separazione? Quando un genitore se ne va, se non c'è nessun altro che mantiene chiaro il ruolo coniugale vacante, il figlio che non ha superato le problematiche affettive relazionali con il proprio padre e/o la propria madre, vive la fantasia del "io diventerò il tuo coniuge" e in questo non diventerà più realmente autonomo. Per cui quando poi il figlio si sposerà affermerà "quanto era brava la mia mamma a fare le torte" non potendo riconoscere che la moglie- che non è la rappresentante simbolica della propria madre -, magari non sa fare le torte, però sa fare altro.
Ciò vuole dire che noi ci portiamo addosso le fantasie del rapporto infantile con i nostri genitori che è vincente proprio in quanto prima relazione significativa, affettiva per ciascuno di noi. Ma se noi non riconosciamo che quel rapporto era un rapporto infantile, noi finiamo per ricercare in qualsiasi altra relazione affettiva ancora il primo affetto, non permettendoci di diventare grandi.
Come e cosa comunicare ai figli
In caso di separazione e divorzio la cosa più importante - come dicevano prima - è innanzitutto che il figlio possa comprendere cosa sta accadendo tra i coniugi e che la comunicazione sia quindi una comunicazione a tre. Un marito e una moglie che possono con parole semplici e chiare parlare al figlio di come, riconoscendo dolorosamente la propria incapacità a voler il bene dell'altro, piuttosto che continuare a farsi del male, rinunciano al loro progetto fallito e scelgono di dividersi.
Ma questo non vuole dire che i coniugi possano rinunciare al loro essere padri e madri.
Di fronte alla inevitabile scompaginazione della struttura familiare il figlio ha bisogno innanzitutto di una stabilità. Tale stabilità si identifica nella “casa”. Rispetto al trambusto familiare che chiaramente pone i bambini in una grave difficoltà, è estremamente importante, nel momento in cui la coppia si rompe, che la stabilità del domicilio, della scuola, di quei riferimenti sociali che per il bambino sono il contenuto degli affetti, rimanga definita.
Inoltre il bambino e/o l’adolescente ha bisogno di tempo. Ha bisogno di tempo perché possa elaborare quanto sta accadendo e soprattutto ciò che “ non viene detto” - perché ciò che non è comunicato a tre ed in modo esplicito attiva nel bambino fantasie infinite -.
Il bambino quanto più è piccolo si sente al centro del mondo per cui pensa che il motivo della separazione dei genitori sia lui. Non riesce a distinguersi dalla relazione dei coniugi e non riesce a cogliere che c’è una responsabilità propria dei genitori diversa dalla sua: c'è un modo d’essere, una libertà del figlio, ma c’è la responsabilità del genitore che potrebbe riconoscere di non essere capace di essere adulto, incapace di concepirsi marito o moglie del coniuge con cui aveva deciso di condividere la scelta matrimoniale. La chiarezza nella comunicazione facilita nel tempo che il figlio compia un percorso in cui possa elaborare come questi genitori stiano vivendo delle difficoltà tali per cui il male minore potrebbe proprio essere la separazione e il divorzio.
Ci sono infatti delle situazioni di conflitto,di indifferenza o di “non detto” di una pesantezza così grave che a volte il dividersi è il male minore.
Bisogna,quindi, permettere al figlio di elaborare anche la propria difficoltà di comprensione e la propria sofferenza potendone parlare con i propri genitori.
La richiesta maggiore dei figli è di essere aiutati a comprendere quanto sta avvenendo nella loro famiglia e per questo è importante che anche i genitori siano aiutati a comunicare con loro.
Importanti nei casi di separazione e divorzio potrebbero risultare le figure dei nonni che se non “parteggiano” e non si intromettono nella realtà della coppia (però purtroppo è raro) sono i testimoni della tradizione familiare. Inoltre essendo agli occhi del bambino persone “sessualmente neutre”, risultano più capaci di aiutare il nipote a capire e lenire le difficoltà generate dai genitori.
Il ruolo del “terzo”
La figura del “ terzo “ estraneo alla famiglia - il mediatore familiare, l’avvocato – ha il compito di porsi come “facilitatore” della comunicazione, permettendo che sia ascoltato il figlio e siano ascoltati i coniugi che si stanno separando.
Quanto più si cerca di tradurre in parole ciò che si sta vivendo, tanto più si permette al bambino di vivere una coesione: verbalizzare quanto sta accadendo esprimendo anche gli affetti le emozioni i sentimenti favorisce che il bambino viva in un'unica realtà.
Il lavoro analitico in fondo è questo: nella comunicazione si esprime una parte di se stessi e quindi si parla di un Io; quanto più si è realmente ascoltati quanto più ci si vive accolti nel proprio essere “ io” diverso dal “tu” dell’altro .
Altra questione importante è definire che la legge che sancisce il divorzio c'è ed è una scelta autorevole. Vuol dire che l’accadere di una separazione o di un divorzio non sono “ una brutta cosa”, ma sono condizioni riconosciute dalla legge.
Per cui se due genitori arrivano a separarsi non fanno una “ brutta cosa”, nel senso che c'è qualcuno che sta dicendo che si può fare: il bambino deve essere garantito del fatto che i genitori hanno questa possibilità riconosciuta anche a livello sociale. La mia nipotina mi diceva: " In classe contiamo quanti sono i figli di coppie stabili" perché ormai in classe sono più i figli di coppie separate.
Il valore di sé nonostante tutto
Per il bambino nel fare i conti con la separazione dei genitori è inoltre importante non rimpiangere il fatto di non essere nato. Il genitore deve affermare con orgoglio e stima la gioia che suo figlio sia nato da quel rapporto amoroso; per il bambino è fondamentale capire che lui è espressione di un amore, fragile, ridotto, di magari cinque minuti in un momento... però in quel momento è avvenuto l’incontro di due persone disponibili alla concreazione – in modo più o meno consapevole - e la sessualità non mente su questo. Per il bambino è fondamentale sentirsi parte, inscritto in una storia che è la sua storia, di un uomo e di una donna che si sono amati anche se poi questo affetto è stato disilluso, negato, però c'è stato e definisce la storia di ciascuno.
Per il figlio vuole dire non rimpiangere... non rinunciare al proprio desiderio di vita reso possibile attraverso il desiderio dei coniugi di cui è espressione.
Altrimenti è come se il figlio non avesse storia: "Ma io di chi sono?". Questo sarà poi il grande problema dei figli in provetta; "ma io di chi sono!".
Divorzio: un progetto fallito
Il problema della separazione non è tanto un problema di contenuti : " perché il marito era ubriaco, perché la moglie non faceva niente, perché era depressa", ma il problema è che uno dei due coniugi ( o entrambi) non è più capace di volere bene all'altro e questo al bambino deve essere detto! Non è il marito “brutto e cattivo”: il marito non è brutto e cattivo, sono io che non sono più capace di stare con lui per così com'è.
Il fidanzamento serve perché attratti dall'altro, si abbia un periodo in cui valutare come questa pulsione possa diventare giudizio -che si traduce in un progetto condiviso di matrimonio- attraverso e nonostante le qualità dell'altro che nel tempo inevitabilmente possono modificarsi o venir meno ( noi oggi siamo belli, biondi ma un domani potremmo essere grassi, meno belli e magari malati).
Noi chiediamo di essere voluti bene per quello che siamo, non per la “carrozzeria” che abbiamo o per i soldi che oggi ci sono e domani no. Quando uno rinuncia ad un progetto, è perché riconosce di non essere più capace di portarlo avanti, non perché l'altro è brutto, non perché l'altro è cattivo. E questo è importante che il bambino lo capisca.
Comprendere il dramma dell’incapacità del coniuge permette al bambino di capire che può perdonare i propri genitori. Questo è l'aspetto importante: vuol dire per il figlio rendersi conto che i suoi genitori in quanto coniugi si possono dividere rinunciando a loro grande progetto d’amore una volta condiviso, e perdonarli un giorno della loro incapacità,. del loro fallimento.
Non siamo perfetti. Soprattutto dobbiamo constatare come sia possibile crescere solo attraverso gli sbagli: se si riflette sull’errore, se si è educati a “guardarsi” per come si è - e non per quello che ci piacerebbe essere o per quello che piacerebbe all’altro che noi fossimo -, si può ricominciare di nuovo: questo è il perdono. Allora questi figli devono essere aiutati in questo grande dolore a perdonare e a stimare i propri genitori, pur nel loro essere stati incapaci, incoerenti. Il perdono verso se stessi e verso l’altro è la possibilità perché nella sofferenza si possa diventare umanamente grandi.
Quando c’è un forte conflitto tra coniugi
Di fronte a situazioni di grande conflitto, meglio sarebbe che il figlio fosse allontanato per un periodo in una famiglia affidataria, in un convitto etc. piuttosto che rimanere spettatore di quanto sta accadendo soprattutto in presenza di violenze verbali e/o fisiche tra coniugi.
Quando il conflitto è agito di fronte al figlio diventa per lui grave motivo di non coesione perché di fatto non solo si evidenzia l'uso del figlio a cui viene chiesto di “parteggiare” o per l’uno o per l’altro dei coniugi, ma ancor più l’affetto del figlio diventa contenuto di ricatto tra il marito e la moglie.
In questi casi, purtroppo non rari, se non si facilita la comunicazione tra i coniugi e con i figli stessi, piuttosto che esporre il figlio a tali relazioni conflittuali, è meglio l’allontanamento provvisorio che permette, a volte, anche ai genitori di riflettere su qual è il loro ruolo di padre e di madre.
Mi sembra importante riaffermare la funzionalità del ruolo dei Giudici anche come coloro che possono salvaguardare il figli: clienti non sono solo i genitori, il cliente è anche la discendenza, non solo a livello ereditario, ma anche a livello degli affetti. E questo vuole dire che una vera conciliazione può avvenire avendo ascoltato anche i figli. Allora la conciliazione, la possibilità di un “accordo” non è solo una questione economica, o di definizione di chi debba essere il genitore “continuo e/o discontinuo” ma di capire cos'è il meglio in quella particolare situazione familiare.
Ruolo del padre e della madre
Se c'è chiarezza nella funzione paterna e materna, se è chiaro il ruolo di ciascun coniuge rispetto al proprio figlio, non è così problematico per il bambino vivere anche con i due genitori separati.
Né il padre, né la madre possono rinunciare al loro ruolo rispetto al figlio, ma tanto dipende da quanto ci si è permessi all'interno della coppia di valorizzare il ruolo materno/paterno del coniuge. E questo inizia da quando il figlio nasce, anzi addirittura a livello intrauterino; per es i padri sono quelli che più riescono a tranquillizzare i figli alla nascita e nei primi mesi di vita, se abituati ad ascoltare la voce paterna, perché già nell’utero il bambino percepisce di più la voce dell’uomo avendo toni più bassi della voce femminile.
Il padre è tale se una moglie lo rende capace, lo aiuta, lo facilita a riconoscersi nel suo ruolo di marito e di genitore. Ma del resto, una madre sa essere veramente madre e non possessiva rispetto al figlio se c'è un marito che le ricorda e la conferma nel suo essere innanzitutto sua moglie. Ciascuno, infatti, impara ad acquisire il proprio ruolo di padre di madre e di figlio nella costante dinamica interazione familiare che quotidianamente si crea.
Ed il Giudice, quando è interpellato in una dolorosa situazione di una separazione e/o di un divorzio, deve tener presente ed aiutare dove possibile questo processo di identificazione dei ruoli.
Non è questione di decidere chi è meglio fra i due coniugi nella responsabilità educativa, ma si dovrebbero aiutare entrambi i genitori a riconoscersi il ruolo competente e ad assumerselo con responsabilità rispetto al figlio che si è generato.
Si considera come figura materna - “madre” facente funzione - chi maternamente sa prendersi cura senza possesso del figlio. A volte ci sono dei padri che in questo sono stupendi. A volte ci sono dei padri che fanno da “madri” non cogliendo la peculiarità del proprio ruolo paterno, creando una certa confusione nei figli: il padre è la legge. Non vuole dire che la madre non è autorevole ed aspetta il padre per sgridare il figlio; ma vuol dire che il padre è colui che garantisce in famiglia che i ruoli sia definiti, che non può esserci confusione tra la realtà della coppia e la realtà dei figli, che tutela lo stile e le regole della famiglia per es. di fronte ai figli adolescenti che vorrebbero imporre la loro autonomia.
Il problema grande a livello culturale è come non siamo più educati a vivere da adulti – persone che hanno la consapevolezza del motivo per cui vale la pena di vivere, capaci di cogliere tutti i fattori della realtà assumendosene le responsabilità inerenti - e quindi non possiamo essere neanche padri e madri.
A ciascuno il “suo posto”
Il Giudice attraverso le leggi - e la legge è importante perché definisce, sancisce l’ordine delle cose, dà un confine - aiuta il padre e la madre a definirsi, a darsi confini e questo permette anche al figlio di capire qual’è il suo “posto” nella interazione familiare.
Per es. consideriamo il problema del diritto di visita: certo, più è definito e meglio è. Però è importante per esempio che la madre - anche se il figlio quel pomeriggio ha il mal di pancia o non vuole andare dal genitore non continuativo oppure quando il padre non si presenta all’incontro programmato con il figlio - non rinunci al proprio spazio di “libertà” dal figlio.
Perché la madre è la persona che ha in cura il figlio, ma non può e non deve rinunciare alla propria vita autonoma. I figli le sono affidati, ma non vive solo per i figli.
Perché qual è il problema? Una madre o un padre – ma sono soprattutto le madri - che per i figli rinunciano alla propria vita affettiva e sociale spesso arrivano poi ad incolpare i figli delle loro privazioni : "Guarda tutto quello che ho fatto con te" soprattutto quando il figlio non è confermante come si vorrebbe. Capita anche ai genitori compresenti di dire ai figli adolescenti che non corrispondono alle aspettative: "Con tutto quello che ti ho dato" ed il figlio si vive come “incastrato” e magari poi risponde nell’adolescenza: " Ma chi te l'ha fatto fare! Non sono io che tu ho chiesto di nascere".
Ancor più se un genitore vive solo in funzione del figlio rinunciando a sé, non solo fa il male del figlio non aiutandolo ad essere realmente autonomo, ma riduce il suo motivo di vita al figlio.
Ad esempio è importante che se il padre non viene e/o non sta alle scadenze, la madre comunque si occupi e faccia vedere al figlio che ha una vita personale a cui tiene per cui affiderà il bambino ad altri pur di mantenere “ un tempo per sé” . Anche in questo le madri devono essere aiutate.
Per i genitori che hanno grandi difficoltà ad incontrare i figli da soli, si parla per esempio di creare spazi neutri; neutri vuole dire luoghi, ambiti dove i genitori possono incontrare il figlio non con l'obbligo di doversi presentare con un ruolo definito; uno spazio dove magari a volte c'è il mediatore, e a volte no, ma dove l'incontro sia per il piacere dell'incontro. Pensiamo per esempio al genitore che magari non paga gli alimenti per il figlio, ma poi lo porta per due giorni a vivere giornate dove tutto è concesso per cui agli occhi del figlio si presenta sempre come il genitore vincente. Se uno non paga potrebbe essere interessante aiutarlo ad esplicitare il proprio dovere di visita in uno spazio neutro dove non può giocare economicamente, presentandosi per quello che è. Per cui è meglio che il genitore con sofferenza riconosca di non riuscire ad assumersi economicamente il figlio - perché non è detto che tutti siano in grado -, piuttosto che porsi di fronte al figlio in modo falso.
Oppure pensiamo come possa essere utile fruire di uno spazio neutro per quei genitori che non avendo una casa disponibile ad accogliere il figlio lo incontrano al bar o al cinema.
Il “nuovo genitore”
Da ultimo, consideriamo come il figlio vive il genitore che si rifà una vita, che sceglie di iniziare un’altra relazione affettiva con un nuovo partner.
Per il bambino, per certi versi è meglio da un punto di vista strettamente psico-affettivo perché si ricrea la realtà della “coppia” ed evita quelle situazioni di non chiarezza relazionale di cui abbiamo parlato. Viceversa il coniuge che mantiene fedeltà alla sua scelta matrimoniale, anche se il partner sceglie di andare via, deve con chiarezza definire che la sua vita non è un funzione del figlio che non potrà mai supplire l’affetto coniugale.
Ci sono bambini che durante l’assenza di un genitore vengono fatti dormire nel letto coniugale, questa cosa è quanto di più destrutturante per un ragazzino. Il letto matrimoniale è di un uomo e di una donna che si amano e il figlio non c'entra. Se il coniuge è fuori per lavoro, perché c’è una separazione, perché è morto, quel posto lì è libero perché nessuno può prendere il posto del coniuge assente, neanche nei momenti in cui si avrebbe bisogno “di coccole”. Altrimenti il bambino si sentirà come colui che dovrà sostenere affettivamente il genitore rimasto. Ma così distruggiamo veramente l'autonomia del figlio.
Per il bambino quel “senso di colpa” dovuto al sentirsi “motivo” delle difficoltà vissute dalla coppia, deve diventare, invece, la responsabilità della propria autonomia. Un genitore allora potrebbe scegliere di rimanere da solo, e questo è una decisione morale propria, ma deve essere anche capace di una castità grandissima perché capace di reale gratuità affettiva rispetto al figlio.
La decisione del coniuge separato di rifarsi una vita diventa per il bambino l’occasione di confrontarsi con l’autonomia anche affettiva del proprio genitore che intraprende un nuovo progetto di vita. Questo permette anche al bambino di darsi una chance, perché quanto più il genitore è autonomo affettivamente, quanto più per il bambino vuole dire poter diventare grande e credere nel proprio progetto di vita.
A volte i figli dei genitori separati si vivono così distrutti dentro, così in “confusione” che non pensano di poter essere, da grandi, capaci di fare qualcosa di meglio dei propri genitori. Per cui i figli di genitori separati spesso hanno relazioni affettive presto, quasi a “provarsi” nella loro capacità di amare, che si concludono precocemente con separazioni e divorzi , perché è come se non si permettessero una possibilità diversa da quella dei loro genitori.
Ma chi può dargli una possibilità diversa?! Un genitore che possa dire "io ho sbagliato, ma sono certo che tu ci riuscirai". Come si può riuscire? Quanto più un padre, una madre, un adulto, magari a partire dal proprio sbaglio aiuta l'altro, il figlio, a diventare grande riflettendo su quanto è accaduto, ma soprattutto quanto più non “lo fa entrare” a livello simbolico in un rapporto affettivo non proprio.
F. Dolto afferma che per i figli è meglio avere tre padri che non averne neanche uno. Capisco che può sconvolgere, sembra paradossale, ma per esempio ci sono famiglie ricostruite, dove il figlio deve fare i conti con il nuovo partner del genitore. Se il genitore naturale ne legalizza la presenza richiamando il figlio al rispetto per la persona che si ama - come del resto in ogni famiglia normale il marito deve arrivare a dire ai figli "tu non ti permetti di parlare a mia moglie così, perché è mia moglie tu la rispetti" - aiuta il figlio a riconoscere l’autorevolezza del nuovo partner che non prende il posto del genitore assente, ma in quanto adulto amato dal coniuge ne condivide anche la responsabilità educativa.
L’ adolescenza è il momento in cui il figlio rende espressi i problemi non risolti dell’infanzia, come una specie di “cartina tornasole” di quanto ha vissuto precedentemente:
l'adolescente che già deve fare i conti con il suo diventare grande non può che fare emergere - molto spesso a livello somatico - quelli che sono rimasti i “non detti”. In questi casi diventa urgente un aiuto di supporto psicologico o terapeutico perché il figlio sia aiutati a prendere consapevolezza della propria autonomia affettivo-relazionale.
Può anche essere che l'adolescente arrivi – è prevista già dagli 8 anni questa possibilità, ma l'adolescente può assumersi questa scelta con più responsabilità - a decidere di andare a vivere anche con il genitore non consecutivo, cioè con il genitore con cui è stato meno, e può essere adeguata nel rapporto genitore- figlio anche questa diversa possibilità.
L'adolescente, infatti, ormai può considerare anche quell'aspetto di sofferenza, di dolore e di perdono di cui abbiamo parlato prima sapendosi rapportare ad entrambi i propri genitori con serenità.
Grazie.