15 marzo 2007 - Ingerenza o libertà
I cattolici e la politica
Da qualche tempo si è sviluppato sui quotidiani ed alla televisione un dibattito sui temi della vita e della famiglia, che vede schierati da un lato la Chiesa cattolica e coloro che ritengono di seguirne il Magistero; e dall’altro coloro che accusano il Vaticano di interferenza nella politica dello Stato Italiano e sostengono che i parlamentari violerebbero la costituzione se come cattolici seguissero con il proprio voto parlamentare gli indirizzi e gli insegnamenti della Chiesa.
Questo dibattito, più si arricchisce di nuove espressioni, più fa crescere la contrapposizione fra gli schieramenti. Il confronto, indirizzato alle scelte politiche e legislative, deve tendere alla ricerca del “vero” ed essere volto a far emergere la bontà delle tesi esposte, ma non deve demonizzare le origini dei convincimenti altrui, specie se essi sono ancorati ad una fede religiosa.
Diversamente, proseguendo su questa strada, si arriverà, fra non molto, a dibattere sulla utilità dell’incidenza dei Dieci Comandamenti sulla cultura anche giuridica del nostro Paese; e si discuterà sulla loro negoziabilità, nell’ottica di una affermazione del relativismo etico che appare sempre più diffuso e quasi dominante.
La Chiesa Cattolica è indipendente e sovrana nel proprio ordine ed è libera di esprimere ai propri fedeli le linee guida da seguire nella vita. Liberi devono essere i cattolici di poter richiamare e affermare pubblicamente i principi in cui credono. Liberi sono e devono sentirsi i parlamentari cattolici (proprio perché senza vincolo di mandato) di votare in Parlamento secondo i dettami della propria coscienza, dopo avere responsabilmente valutato le indicazioni in tema di morale cattolica del Pontefice, che nel recente documento “Sacramentum caritatis” ha invitato politici e legislatori cattolici “a sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondanti della natura umana”.
Chi laicamente dissente da tale atteggiamento è altrettanto libero di farlo e di giustificare la propria contraria opinione con la logica o con le acrobazie verbali che ritiene più utili; ma non può pretendere di essere l’unico autentico interprete razionale della verità e, per rispetto della altrui dignità e religione (tutelate dalla Costituzione), non deve essere intollerante, nè animato da un anticlericalismo ormai antistorico e conseguentemente deve cessare di reclamare dai credenti il silenzio sui principi che discendono dal cristianesimo e che hanno per secoli permeato le linee giuridiche che hanno guidato sinora la nostra società.
Piacenza 15 marzo 2007
Gianguido Guidotti - Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici di Piacenza