16 aprile 2018 - Ancora sulle DAT

Tutto è mio diritto?

Come recentemente scritto, la Prima Corte di Assise di Milano ritiene che sia ormai presente nel nostro ordinamento giuridico il diritto a morire. Il quesito che pone questo pronunciamento ha radici profonde, alle quali bisogna quindi, per poter rispondere, andare. Che cosa è, infatti, e qual è il senso del riconoscimento di un diritto? Tutto può essere astrattamente oggetto di un diritto soggettivo? Il diritto è solo uno strumento, ma negli Stati costituzionali esso è saldamente compenetrato con i diritti fondamentali della persona, pacificamente riconosciuti, come quelli delle grandi dichiarazioni universali, secondo una caratterizzazione giusnaturalistica. Fondata, cioè, sul diritto naturale. La scienza e la tecnica giuridica, separata dai contenuti, sono uno scheletro senza vita che non serve a nulla.

Il fondamento del diritto è la esistenza di una societas all’interno della quale si instaurano relazioni tra persone. La convivenza è regolata da reciproci diritti e doveri, secondo un dovere di solidarietà, sancito dall’art. 2 della nostra Costituzione. La solidarietà è il fondamento, la radice profonda delle relazioni umane. Essa poggia sul necessario e solido basamento della dignità della persona, che a sua volta presuppone indefettibilmente l’essere, la esistenza in vita, la vita.

Ogni cosa esistente al mondo tende necessariamente ad esistere ed al suo perfezionamento, anche sul piano morale. Il dovere di solidarietà scaturisce dalla constatazione della fragilità e degli svantaggi di alcuni rispetto ad altri, e dal bisogno reciproco di aiuto che ne scaturisce, secondo un principio di responsabilità.

Come non si viene al mondo per una scelta personale, così non è possibile rivendicare il volersene andare dal mondo, con la morte, come un diritto. Se così fosse, ciascuno potrebbe, per assurdo, condurre legittimamente una vita irresponsabile, e dire: siccome non ho scelto io di venire al mondo, allora la responsabilità della mia vita è solo di chi mi ha messo al mondo ed ha, quindi, rispetto a me, solo e sempre doveri: di provvedere a me, mantenermi, curarmi, darmi i piaceri che desidero, assecondarmi.

Eppure è innegabile che la vita, benché non richiesta, imponga tuttavia a ciascuno delle responsabilità e dei doveri. La vita è, in sé, certamente un mistero, il fatto più irrazionale che esista. «Perché qualcosa, invece di niente?», chiosa Massimo Cacciari in un video che circola su YouTube sul tema della libertà e della autodeterminazione. Perché c’è un universo mondo che esiste, invece del nulla? L’essere è un fatto, non richiesto né voluto da noi; e il nascere, volenti o nolenti, ci obbliga a vivere. Altri hanno scelto per noi. Nelle aule giudiziarie si è arrivati a discutere del diritto a non nascere, ma l’essere al mondo è la prova più evidente dell’affidamento responsabile e reciproco di ciascuno di noi agli altri. Negare che dalla vita scaturiscano doveri, in primis il dovere di vivere, è espressione di un disfattismo e di un nichilismo distruttivo che nessuna società può accettare e fare proprio. Per questo il voler morire, il togliersi la vita, non può mai essere considerato un valore, un interesse meritevole di tutela giuridica, perché sarebbe inammissibilmente la negazione del presupposto fondamentale della societas stessa. E’ come se lo Stato emanasse norme per cui fosse lecito uccidere e non obbligatorio rispettare i patti, facendo così venire meno, nella violenza e nel caos, ogni possibilità di ordinato svolgimento della vita sociale.

Queste semplici considerazioni evidenziano che nella realtà delle cose vi sono norme, non scritte, naturali, la legge naturale, appunto, che opera anche sul piano morale, secondo principi di solidarietà. Il dovere di solidarietà sta alla base delle relazioni umane, ne costituisce la regola più profonda, così come il semplice fatto di nascere implica un progetto, o una scommessa, che qualcuno ha fatto su ciascuno di noi, senza avercene prima chiesto il permesso. Così come altri dovrà decidere per noi quando noi non potremo più farlo anche solo, per esempio, per dare al nostro corpo una sepoltura, dopo la morte.

La vita, quindi, non è solo ed egoisticamente nostra, come riduttivamente una certa cultura mediatica vorrebbe indurci a pensare, ma ci è stata affidata, a noi tocca amministrarla. Possibilmente bene, al meglio delle nostre capacità, con gli altri e per gli altri. Come ci è venuta senza che noi la chiedessimo, così ci sarà chiesta indietro, non sta a noi decidere quando cessarla.

Ogni cosa ha un senso, e la legge naturale ce ne dà ragionevole e motivata conferma, mentre dietro il dovere di solidarietà si nasconde (e fa capolino) la ragione più profonda della vita e delle relazioni umane: la carità. Cioè l’amore, inteso non in senso romantico e sentimentalistico, ma come concreta alleanza per la vita, che ha la sua scaturigine prima in Dio. Ecco il primo e vero responsabile, che nella creazione ha rischiato, per noi, Se stesso, la sua credibilità, il suo Essere.

La vita, infatti, è di Dio. La Vita è Dio.

Piacenza, 16 aprile 2018.

Livio Podrecca

Presidente UGCI Piacenza