31 gennaio 2016 - Unioni civili, quali diritti?

Una formazione sociale problematica

Ormai i principali inganni del DDL Cirinnà sono stati svelati. Matrimonio e adozione gay, mascherati da ‘unioni civili’. E anche dal Quirinale arrivano segnali negativi, caso mai il DDL superasse il vaglio parlamentare. Riguardo alle unioni gay la Corte Costituzionale ha detto: no al matrimonio, sì come formazione sociale, e da più parti si parla di diritti civili. Ci si chiede quindi quali siano questi rivendicati diritti civili. Sul punto, la richiesta che viene dal mondo LGBT sembra essere quella concretizzata nel DDL Cirinnà. Una richiesta, quindi, irricevibile, sia per la confusione con il matrimonio che introduce e la relativa incostituzionalità paventata da Mattarella, sia per la parte relativa alle adozioni ed alle prospettive di genitorialità artificiale e surrogata a cui essa apre. Se queste sono le pretese del mondo LGBT, e le stesse non sono accoglibili, resta ancora da chiarire quali diritti possono essere legittimamente rivendicati dai componenti le unioni omosessuali, in modo che le stesse possano rimanere nell’alveo dell’art. 2 della Costituzione, quali semplici formazioni sociali, non confondibili con la famiglia, come indicato dalla Corte Costituzionale. Aspettiamo, con una certa curiosità, di saperlo. Sulla step-child adoption, infatti, pare che le lobbies LGBT facciano muro. E se, per esempio, posto che gli altri risultano già tutti esistenti e previsti, uno di tali diritti fosse quello alla pensione di reversibilità, lo stesso dovrebbe essere consequenzialmente riconosciuto e possibile anche per le unioni tra persone dello stesso sesso non omosessuali, anche se ciò comporterà un aggravio di oneri per la collettività. Se, infatti, ciò che conta è il sostegno e la cura reciproca tra i membri della coppia (ma perché poi solo una coppia?), a parte le oggettive difficoltà di accertarne l’effettivo orientamento omosessuale (a meno che non si considerino sufficienti tights e tube e cilindri gialli e bacio celebrativo sulla bocca), perché ciò dovrebbe valere solo per le persone omosessuali? Sarebbe una evidente ed inammissibile discriminazione, per ragioni di orientamento sessuale, nei confronti di chi voglia unirsi civilmente a persona dello stesso sesso senza essere omosessuale. L’Europa non ce lo perdonerebbe. Aspettiamo, quindi, chiarimenti, a meno che i pretesi diritti non siano proprio e solo quelli del DDL Cirinnà. In questo caso non ci sarebbe infatti proprio più nulla da chiarire, e nessuno potrebbe più negare e non vedere che quelle del mondo gay sono solo ed unicamente scoperte aspirazioni imitative del matrimonio e della famiglia naturale. Figli compresi.

Livio Podrecca

Presidente UGCI Piacenza