Il diritto naturale nella Sacra Scrittura

Un intervento di Don Andrea Campisi - Assistente spirituale della UGCI Piacenza

IL DIRITTO NATURALE NELLA SACRA SCRITTURA

Riflessione di Don Andrea Campisi – Assistente Spirituale UGCI Piacenza

 

La cultura greca. L’idea che esista un diritto naturale anteriore alle determinazioni giuridiche positive si trova già nella cultura greca classica con la figura esemplare di Antigone, la figlia di Edipo. I suoi due fratelli, Eteocle e Polinice, si sono affrontati per il potere e si sono reciprocamente uccisi. Polinice, il ribelle, è condannato a rimanere insepolto e ad essere bruciato sul rogo. Ma Antigone, per adempiere al dovere della pietà verso il fratello morto, si appella«alle leggi non scritte e immutabili» contro il divieto di sepoltura pronunciato dal re Creonte

Creonte: E così, tu hai osato violare le mie leggi?
Antigone
: Sì, perché non le ha proclamate Zeus
Né la Giustizia che abita con gli dèi di quaggiù;
Né l’uno né l’altra le hanno stabilite tra gli uomini.
Io non ritengo che i tuoi decreti siano tanto forti
Che tu, mortale, possa passare oltre
Alle leggi non scritte e immutabili degli dèi.
Esse esistono non da oggi né da ieri, ma da sempre:
Nessuno sa quando sono apparse.
Per il timore delle volontà di un uomo
Non dovevo rischiare che gli dèi mi punissero.

Valori morali oggettivi comuni. Una delle grandi questioni della cultura odierna è se si possano individuare valori morali oggettivi che siano in grado di unire gli uomini e procurare pace e felicità. Quali sono? Come si possono riconoscere? Come concretizzarli nella vita delle persone e delle comunità?

Questi interrogativi che sono antichi quanto l’uomo oggi sono più urgenti che mai anche perché gli uomini hanno preso coscienza di formare una sola comunità mondiale: la solidarietà globale degli  uomini ha come suo ultimo fondamento l’unità del genere umano, ma tale unità su cosa si fonda?

È necessario trovare un valido accordo di base sui beni e sui valori che rappresentano le aspirazioni più profonde dell’essere umano a titolo individuale e comunitario. Non è possibile accordarsi sulle norme del comportamento senza una visione comune di ciò che è l’uomo.

Anche perché come afferma il Santo Padre “il metodo che ci permette di conoscere sempre più a fondo le strutture razionali della materia ci rende sempre meno capaci di vedere la fonte di questa razionalità, la Ragione creatrice. La capacità di vedere le leggi dell’essere materiale ci rende incapaci di vedere il messaggio etico contenuto nell’essere, messaggio chiamato dalla tradizione lex naturalis, legge morale naturale. Una parola, questa, per molti oggi quasi incomprensibile a causa di un concetto di natura non più metafisico, ma solamente empirico. Il fatto che la natura,  l’essere stesso non sia più trasparente per un messaggio morale, crea un senso di disorientamento che rende precarie ed incerte le scelte della vita di ogni giorno”.

 

Il positivismo giuridico. La ricerca di un linguaggio etico comune riguarda tutti gli uomini e la comunità cristiana non può sottrarsi a questa comune responsabilità.

Uno dei più alti successi della storia moderna, espressione della coscienza umana del nostro tempo è stata la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Ma i risultati non sono sempre stati all’altezza delle speranze: soprattutto per la tendenza a reinterpretare i diritti separandoli alla dimensione etica e razionale, che è il fondamento e il fine, a vantaggio di un puro legalismo utilitarista.

La questione dei fondamenti etici del diritto e della politica è stata accantonata da alcuni settori della cultura contemporanea: ogni pretesa di una verità oggettiva e universale viene così letta come fonte di intolleranza e di violenza; solo il relativismo in questa concezione potrebbe salvaguardare il pluralismo dei valori e la democrazia. Il positivismo giuridico diventa così la concezione di riferimento proprio perché rifiuta di riferirsi a un criterio oggettivo, ontologico di ciò che è giusto.

È evidente che questo apre la via all’arbitrio del potere, alla dittatura della maggioranza aritmetica e alla manipolazione ideologica a detrimento del bene comune. La legislazione diventa quindi solo un compromesso tra interessi diversi; inoltre in questo contesto si tenta di trasformare in diritti interessi o desideri privati che si oppongono ai doveri che derivano dalla responsabilità sociale.

È chiaro che il positivismo giuridico è insufficiente perché il legislatore agisce legittimamente solo all’interno di determinati limiti che derivano dalla dignità della persona e al servizio dello sviluppo di ciò che è autenticamente umano. Il legislatore non può abbandonare ciò che è umano a criteri estrinseci e superficiali (come ad esempio se legittimasse tutto ciò che è realizzabile dalle biotecnologie)

La conseguenza del positivismo giuridico è che la legislazione diventa spesso solo un compromesso tra diversi interessi: si cerca di trasformare in diritti interessi privati o desideri che stridono con i doveri derivanti dalla responsabilità sociale. In questa situazione è opportuno ricordare che ogni ordinamento giuridico, a livello sia interno che internazionale, trae ultimamente la sua legittimità dal radicamento nella legge naturale, nel messaggio etico iscritto nello stesso essere umano. La legge naturale è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica. La conoscenza di questa legge iscritta nel cuore dell’uomo aumenta con il progredire della coscienza morale. La prima preoccupazione per tutti, e particolarmente per chi ha responsabilità pubbliche, dovrebbe quindi essere quella di promuovere la maturazione della coscienza morale. E’ questo il progresso fondamentale senza il quale tutti gli altri progressi finiscono per risultare non autentici. La legge iscritta nella nostra natura è la vera garanzia offerta ad ognuno per poter vivere libero e rispettato nella propria dignità.

 

Riporto qui parte del discorso del Santo Padre ai membri della commissione teologica internazionale. “a motivo dell'influsso di fattori di ordine culturale e ideologico, la società civile e secolare oggi si trova in una situazione di smarrimento e di confusione: si è perduta l'evidenza originaria dei fondamenti dell'essere umano e del suo agire etico e la dottrina della legge morale naturale si scontra con altre concezioni che ne sono la diretta negazione. Tutto ciò ha enormi e gravi conseguenze nell'ordine civile e sociale. Presso non pochi pensatori sembra oggi dominare una concezione positivista del diritto. Secondo costoro, l'umanità, o la società, o di fatto la maggioranza dei cittadini, diventa la fonte ultima della legge civile. Il problema che si pone non è quindi la ricerca del bene, ma quella del potere, o piuttosto dell'equilibrio dei poteri. Alla radice di questa tendenza vi è il relativismo etico, in cui alcuni vedono addirittura una delle condizioni principali della democrazia, perché il relativismo garantirebbe la tolleranza e il rispetto reciproco delle persone. Ma se fosse così, la maggioranza di un momento diventerebbe l’ultima fonte del diritto. La storia dimostra con grande chiarezza che le maggioranze possono sbagliare. La vera razionalità non è garantita dal consenso di un gran numero, ma solo dalla trasparenza della ragione umana alla Ragione creatrice e dall’ascolto comune di questa Fonte della nostra razionalità. Quando sono in gioco le esigenze fondamentali della dignità della persona umana, della sua vita, dell'istituzione familiare, dell'equità dell'ordinamento sociale, cioè i diritti fondamentali dell'uomo, nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scritta dal Creatore nel cuore dell'uomo, senza che la società stessa venga drammaticamente colpita in ciò che costituisce la sua base irrinunciabile. La legge naturale diventa così la vera garanzia offerta ad ognuno per vivere libero e rispettato nella sua dignità, e difeso da ogni manipolazione ideologica e da ogni arbitrio e sopruso del più forte. Nessuno può sottrarsi a questo richiamo. Se per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo e il relativismo etico giungessero a cancellare i principi fondamentali della legge morale naturale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe ferito radicalmente nelle sue fondamenta. Contro questo oscuramento, che è crisi della civiltà umana, prima ancora che cristiana, occorre mobilitare tutte le coscienze degli uomini di buona volontà, laici o anche appartenenti a religioni diverse dal Cristianesimo, perché insieme e in modo fattivo si impegnino a creare, nella cultura e nella società civile e politica, le condizioni necessarie per una piena consapevolezza del valore inalienabile della legge morale naturale”.

 

La dottrina della legge naturale. Coloro che quindi si interrogano sui fondamenti ultimi dell’etica e quindi dell’ordine giuridico e politico hanno a disposizione la dottrina della legge naturale.

Essa afferma che le persone e le comunità umane sono capaci, alla luce della ragione, di riconoscere gli orientamenti fondamentali di un agire morale conforme alla natura stessa del soggetto umano e di esprimerlo in modo normativo sotto forma di precetti o di comandamenti.

Sempre il Santo Padre ricorda come “questa legge ha come suo primo e generalissimo principio quello di “fare il bene ed evitare il male”. E’, questa, una verità la cui evidenza si impone immediatamente a ciascuno. Da essa scaturiscono gli altri principi più particolari, che regolano il giudizio etico sui diritti e sui doveri di ciascuno. Tale è il principio del rispetto per la vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale, non essendo questo bene della vita proprietà dell’uomo ma dono gratuito di Dio. Tale è pure il dovere di cercare la verità, presupposto necessario di ogni autentica maturazione della persona. Altra fondamentale istanza del soggetto è la libertà.

Tenendo conto, tuttavia, del fatto che la libertà umana è sempre una libertà condivisa con gli altri, è chiaro che l’armonia delle libertà può essere trovata solo in ciò che è comune a tutti: la verità dell’essere umano, il messaggio fondamentale dell’essere stesso, la lex naturalis appunto.

Questi precetti fondamentali, oggettivi e universali, fondano e ispirano l’insieme delle determinazioni morali, giuridiche e politiche che regolano la vita della società. Si esprimono, in questi valori, norme inderogabili e cogenti che non dipendono dalla volontà del legislatore e neppure dal consenso che gli Stati possono ad esse prestare. Sono infatti norme che precedono qualsiasi legge umana: come tali, non ammettono interventi in deroga da parte di nessuno.

Costituiscono inoltre una istanza critica permanente e assicurano la difesa della dignità della persona umana di fronte alla fluttuazione delle ideologie: Benedetto XVI fa notare che “la legge naturale è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica”.

La Chiesa non ha peraltro il monopolio della legge  naturale,  ma essa è la base di collaborazione fra tutti gli uomini di buona volontà.

 

Dobbiamo tener conto che l’espressione legge naturale può essere fonte di malintesi.

A volte richiama a una sottomissione passiva alle leggi fisiche della natura, mentre invece l’essere umano giustamente cerca di dominare o orientare i determinismi per il suo bene.

L’insegnamento della sacra scrittura. Quali sono i fondamenti della legge naturale nella Scrittura? Innanzitutto è dal complesso della rivelazione che nasce questa dottrina.

Il dono della Legge sul Sinai, di cui le «Dieci Parole» costituiscono il centro, è un elemento essenziale dell’esperienza religiosa di Israele. Questa Legge di alleanza comporta precetti etici fondamentali. Essi definiscono il modo in cui il popolo eletto deve rispondere con la santità della vita alla scelta di Dio: «Parla a tutta la comunità degli israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo”» (Lv 19,2). Ma questi comportamenti etici valgono anche per gli altri popoli, tanto che Dio chiede conto alle nazioni straniere che violano la giustizia e il diritto (20). Infatti Dio aveva già stabilito nella persona di Noè un’alleanza con la totalità del genere umano, che implicava in particolare il rispetto della vita (Gn 9). Più fondamentalmente, la creazione stessa appare come l’atto con cui Dio struttura l’insieme dell’universo dandogli una legge. «Lodino [gli astri] il nome del Signore, perché al suo comando sono stati creati. Li ha resi stabili per sempre; ha fissato un decreto che non passerà» (Sal 148,5-6). Tale obbedienza delle creature alla legge di Dio è un modello per gli esseri umani.

Insieme ai testi che si riferiscono alla storia della salvezza, con i maggiori temi teologici dell’elezione, della promessa, della Legge e dell’alleanza, la Bibbia contiene anche una letteratura di sapienza che non tratta direttamente della storia nazionale di Israele, ma che si interessa del posto dell’uomo nel mondo. Essa sviluppa la convinzione che c’è un modo corretto, «sapiente», di fare le cose e di condurre la vita. L’essere umano deve impegnarsi a cercarlo e poi sforzarsi di metterlo in pratica. Questa sapienza si trova sia nella storia sia nella natura e nella vita di tutti i giorni (22). In tale letteratura, la Sapienza è spesso presentata come una perfezione divina, talvolta ipostatizzata. Essa si manifesta in modo sorprendente nella creazione, di cui essa è «l’artefice» (Sap 7,21). L’armonia che regna tra le creature le rende testimonianza. Di tale sapienza che viene da Dio l’uomo è reso partecipe in diversi modi. Questa partecipazione è un dono di Dio, che bisogna chiedere nella preghiera: «Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne a me lo spirito di sapienza» (Sap 7,7). Essa è ancora frutto dell’obbedienza alla Legge rivelata. Infatti la Torah è come l’incarnazione della sapienza. «Se desideri la sapienza, osserva i comandamenti e il Signore te la concederà. Il timore del Signore è sapienza e istruzione» (Sir 1,26-27). Ma la sapienza è anche il risultato di una sagace osservazione della natura e dei costumi umani al fine di scoprire la loro intelligibilità immanente e il loro valore esemplare.

Nella pienezza dei tempi, Gesù Cristo ha predicato l’avvento del Regno come manifestazione dell’amore misericordioso di Dio, che si rende presente tra gli uomini attraverso la propria persona e chiede da parte loro una conversione e una libera risposta d’amore. Questa predicazione non è senza conseguenze sull’etica, sul modo di costruire il mondo e le relazioni umane. Nel suo insegnamento morale, del quale il discorso della montagna è un’ammirevole sintesi, Gesù riprende da parte sua la regola d’oro: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12). Questo precetto positivo completa la formulazione negativa della stessa regola nell’Antico Testamento: «Non fare a nessuno ciò che non vuoi che sia fatto a te» (Tb 4,15).

All’inizio della Lettera ai Romani, l’apostolo Paolo, con l’intento di manifestare la necessità universale della salvezza portata da Cristo, descrive la situazione religiosa e morale comune a tutti gli uomini. Egli afferma la possibilità di una conoscenza naturale di Dio: «Ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute» (Rm 1,19-20) (26). Ma tale conoscenza si è pervertita in idolatria. Ponendo sullo stesso piano giudei e pagani, san Paolo afferma l’esistenza di una legge morale non scritta, che è inscritta nei loro cuori (27). Essa consente di discernere da se stessi il bene e il male. «Quando i pagani, che non hanno la Legge, per natura agiscono secondo la Legge, essi, pur non avendo Legge, sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano, ora li difendono» (Rm 2,14-15). La conoscenza della legge però non basta da sé per condurre una vita giusta . Questi testi di san Paolo hanno avuto un’influenza determinante sulla riflessione cristiana relativa alla legge naturale.

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Per un approfondimento del tema:

Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor (35-53)

J. Ratzinger, La via della fede, Edizioni Ares, pp 81-104

Commissione Teologica Internazionale, Alle ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale.

Benedetto XVI, Discorso ai membri della commissione teologica internazionale, 5 ottobre 2007

Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Congresso sulla legge naturale, 12 febbraio 2007

 

Piacenza, 24 giugno 2010 – Natività di San Giovanni Battista

IL DIRITTO NATURALE NELLA SACRA SCRITTURA

Riflessione di Don Andrea Campisi – Assistente Spirituale UGCI Piacenza

 

La cultura greca. L’idea che esista un diritto naturale anteriore alle determinazioni giuridiche positive si trova già nella cultura greca classica con la figura esemplare di Antigone, la figlia di Edipo. I suoi due fratelli, Eteocle e Polinice, si sono affrontati per il potere e si sono reciprocamente uccisi. Polinice, il ribelle, è condannato a rimanere insepolto e ad essere bruciato sul rogo. Ma Antigone, per adempiere al dovere della pietà verso il fratello morto, si appella«alle leggi non scritte e immutabili» contro il divieto di sepoltura pronunciato dal re Creonte

Creonte: E così, tu hai osato violare le mie leggi?
Antigone
: Sì, perché non le ha proclamate Zeus
Né la Giustizia che abita con gli dèi di quaggiù;
Né l’uno né l’altra le hanno stabilite tra gli uomini.
Io non ritengo che i tuoi decreti siano tanto forti
Che tu, mortale, possa passare oltre
Alle leggi non scritte e immutabili degli dèi.
Esse esistono non da oggi né da ieri, ma da sempre:
Nessuno sa quando sono apparse.
Per il timore delle volontà di un uomo
Non dovevo rischiare che gli dèi mi punissero.

Valori morali oggettivi comuni. Una delle grandi questioni della cultura odierna è se si possano individuare valori morali oggettivi che siano in grado di unire gli uomini e procurare pace e felicità. Quali sono? Come si possono riconoscere? Come concretizzarli nella vita delle persone e delle comunità?

Questi interrogativi che sono antichi quanto l’uomo oggi sono più urgenti che mai anche perché gli uomini hanno preso coscienza di formare una sola comunità mondiale: la solidarietà globale degli  uomini ha come suo ultimo fondamento l’unità del genere umano, ma tale unità su cosa si fonda?

È necessario trovare un valido accordo di base sui beni e sui valori che rappresentano le aspirazioni più profonde dell’essere umano a titolo individuale e comunitario. Non è possibile accordarsi sulle norme del comportamento senza una visione comune di ciò che è l’uomo.

Anche perché come afferma il Santo Padre “il metodo che ci permette di conoscere sempre più a fondo le strutture razionali della materia ci rende sempre meno capaci di vedere la fonte di questa razionalità, la Ragione creatrice. La capacità di vedere le leggi dell’essere materiale ci rende incapaci di vedere il messaggio etico contenuto nell’essere, messaggio chiamato dalla tradizione lex naturalis, legge morale naturale. Una parola, questa, per molti oggi quasi incomprensibile a causa di un concetto di natura non più metafisico, ma solamente empirico. Il fatto che la natura,  l’essere stesso non sia più trasparente per un messaggio morale, crea un senso di disorientamento che rende precarie ed incerte le scelte della vita di ogni giorno”.

 

Il positivismo giuridico. La ricerca di un linguaggio etico comune riguarda tutti gli uomini e la comunità cristiana non può sottrarsi a questa comune responsabilità.

Uno dei più alti successi della storia moderna, espressione della coscienza umana del nostro tempo è stata la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Ma i risultati non sono sempre stati all’altezza delle speranze: soprattutto per la tendenza a reinterpretare i diritti separandoli alla dimensione etica e razionale, che è il fondamento e il fine, a vantaggio di un puro legalismo utilitarista.

La questione dei fondamenti etici del diritto e della politica è stata accantonata da alcuni settori della cultura contemporanea: ogni pretesa di una verità oggettiva e universale viene così letta come fonte di intolleranza e di violenza; solo il relativismo in questa concezione potrebbe salvaguardare il pluralismo dei valori e la democrazia. Il positivismo giuridico diventa così la concezione di riferimento proprio perché rifiuta di riferirsi a un criterio oggettivo, ontologico di ciò che è giusto.

È evidente che questo apre la via all’arbitrio del potere, alla dittatura della maggioranza aritmetica e alla manipolazione ideologica a detrimento del bene comune. La legislazione diventa quindi solo un compromesso tra interessi diversi; inoltre in questo contesto si tenta di trasformare in diritti interessi o desideri privati che si oppongono ai doveri che derivano dalla responsabilità sociale.

È chiaro che il positivismo giuridico è insufficiente perché il legislatore agisce legittimamente solo all’interno di determinati limiti che derivano dalla dignità della persona e al servizio dello sviluppo di ciò che è autenticamente umano. Il legislatore non può abbandonare ciò che è umano a criteri estrinseci e superficiali (come ad esempio se legittimasse tutto ciò che è realizzabile dalle biotecnologie)

La conseguenza del positivismo giuridico è che la legislazione diventa spesso solo un compromesso tra diversi interessi: si cerca di trasformare in diritti interessi privati o desideri che stridono con i doveri derivanti dalla responsabilità sociale. In questa situazione è opportuno ricordare che ogni ordinamento giuridico, a livello sia interno che internazionale, trae ultimamente la sua legittimità dal radicamento nella legge naturale, nel messaggio etico iscritto nello stesso essere umano. La legge naturale è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica. La conoscenza di questa legge iscritta nel cuore dell’uomo aumenta con il progredire della coscienza morale. La prima preoccupazione per tutti, e particolarmente per chi ha responsabilità pubbliche, dovrebbe quindi essere quella di promuovere la maturazione della coscienza morale. E’ questo il progresso fondamentale senza il quale tutti gli altri progressi finiscono per risultare non autentici. La legge iscritta nella nostra natura è la vera garanzia offerta ad ognuno per poter vivere libero e rispettato nella propria dignità.

 

Riporto qui parte del discorso del Santo Padre ai membri della commissione teologica internazionale. “a motivo dell'influsso di fattori di ordine culturale e ideologico, la società civile e secolare oggi si trova in una situazione di smarrimento e di confusione: si è perduta l'evidenza originaria dei fondamenti dell'essere umano e del suo agire etico e la dottrina della legge morale naturale si scontra con altre concezioni che ne sono la diretta negazione. Tutto ciò ha enormi e gravi conseguenze nell'ordine civile e sociale. Presso non pochi pensatori sembra oggi dominare una concezione positivista del diritto. Secondo costoro, l'umanità, o la società, o di fatto la maggioranza dei cittadini, diventa la fonte ultima della legge civile. Il problema che si pone non è quindi la ricerca del bene, ma quella del potere, o piuttosto dell'equilibrio dei poteri. Alla radice di questa tendenza vi è il relativismo etico, in cui alcuni vedono addirittura una delle condizioni principali della democrazia, perché il relativismo garantirebbe la tolleranza e il rispetto reciproco delle persone. Ma se fosse così, la maggioranza di un momento diventerebbe l’ultima fonte del diritto. La storia dimostra con grande chiarezza che le maggioranze possono sbagliare. La vera razionalità non è garantita dal consenso di un gran numero, ma solo dalla trasparenza della ragione umana alla Ragione creatrice e dall’ascolto comune di questa Fonte della nostra razionalità. Quando sono in gioco le esigenze fondamentali della dignità della persona umana, della sua vita, dell'istituzione familiare, dell'equità dell'ordinamento sociale, cioè i diritti fondamentali dell'uomo, nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scritta dal Creatore nel cuore dell'uomo, senza che la società stessa venga drammaticamente colpita in ciò che costituisce la sua base irrinunciabile. La legge naturale diventa così la vera garanzia offerta ad ognuno per vivere libero e rispettato nella sua dignità, e difeso da ogni manipolazione ideologica e da ogni arbitrio e sopruso del più forte. Nessuno può sottrarsi a questo richiamo. Se per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo e il relativismo etico giungessero a cancellare i principi fondamentali della legge morale naturale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe ferito radicalmente nelle sue fondamenta. Contro questo oscuramento, che è crisi della civiltà umana, prima ancora che cristiana, occorre mobilitare tutte le coscienze degli uomini di buona volontà, laici o anche appartenenti a religioni diverse dal Cristianesimo, perché insieme e in modo fattivo si impegnino a creare, nella cultura e nella società civile e politica, le condizioni necessarie per una piena consapevolezza del valore inalienabile della legge morale naturale”.

 

La dottrina della legge naturale. Coloro che quindi si interrogano sui fondamenti ultimi dell’etica e quindi dell’ordine giuridico e politico hanno a disposizione la dottrina della legge naturale.

Essa afferma che le persone e le comunità umane sono capaci, alla luce della ragione, di riconoscere gli orientamenti fondamentali di un agire morale conforme alla natura stessa del soggetto umano e di esprimerlo in modo normativo sotto forma di precetti o di comandamenti.

Sempre il Santo Padre ricorda come “questa legge ha come suo primo e generalissimo principio quello di “fare il bene ed evitare il male”. E’, questa, una verità la cui evidenza si impone immediatamente a ciascuno. Da essa scaturiscono gli altri principi più particolari, che regolano il giudizio etico sui diritti e sui doveri di ciascuno. Tale è il principio del rispetto per la vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale, non essendo questo bene della vita proprietà dell’uomo ma dono gratuito di Dio. Tale è pure il dovere di cercare la verità, presupposto necessario di ogni autentica maturazione della persona. Altra fondamentale istanza del soggetto è la libertà.

Tenendo conto, tuttavia, del fatto che la libertà umana è sempre una libertà condivisa con gli altri, è chiaro che l’armonia delle libertà può essere trovata solo in ciò che è comune a tutti: la verità dell’essere umano, il messaggio fondamentale dell’essere stesso, la lex naturalis appunto.

Questi precetti fondamentali, oggettivi e universali, fondano e ispirano l’insieme delle determinazioni morali, giuridiche e politiche che regolano la vita della società. Si esprimono, in questi valori, norme inderogabili e cogenti che non dipendono dalla volontà del legislatore e neppure dal consenso che gli Stati possono ad esse prestare. Sono infatti norme che precedono qualsiasi legge umana: come tali, non ammettono interventi in deroga da parte di nessuno.

Costituiscono inoltre una istanza critica permanente e assicurano la difesa della dignità della persona umana di fronte alla fluttuazione delle ideologie: Benedetto XVI fa notare che “la legge naturale è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica”.

La Chiesa non ha peraltro il monopolio della legge  naturale,  ma essa è la base di collaborazione fra tutti gli uomini di buona volontà.

 

Dobbiamo tener conto che l’espressione legge naturale può essere fonte di malintesi.

A volte richiama a una sottomissione passiva alle leggi fisiche della natura, mentre invece l’essere umano giustamente cerca di dominare o orientare i determinismi per il suo bene.

L’insegnamento della sacra scrittura. Quali sono i fondamenti della legge naturale nella Scrittura? Innanzitutto è dal complesso della rivelazione che nasce questa dottrina.

Il dono della Legge sul Sinai, di cui le «Dieci Parole» costituiscono il centro, è un elemento essenziale dell’esperienza religiosa di Israele. Questa Legge di alleanza comporta precetti etici fondamentali. Essi definiscono il modo in cui il popolo eletto deve rispondere con la santità della vita alla scelta di Dio: «Parla a tutta la comunità degli israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo”» (Lv 19,2). Ma questi comportamenti etici valgono anche per gli altri popoli, tanto che Dio chiede conto alle nazioni straniere che violano la giustizia e il diritto (20). Infatti Dio aveva già stabilito nella persona di Noè un’alleanza con la totalità del genere umano, che implicava in particolare il rispetto della vita (Gn 9). Più fondamentalmente, la creazione stessa appare come l’atto con cui Dio struttura l’insieme dell’universo dandogli una legge. «Lodino [gli astri] il nome del Signore, perché al suo comando sono stati creati. Li ha resi stabili per sempre; ha fissato un decreto che non passerà» (Sal 148,5-6). Tale obbedienza delle creature alla legge di Dio è un modello per gli esseri umani.

Insieme ai testi che si riferiscono alla storia della salvezza, con i maggiori temi teologici dell’elezione, della promessa, della Legge e dell’alleanza, la Bibbia contiene anche una letteratura di sapienza che non tratta direttamente della storia nazionale di Israele, ma che si interessa del posto dell’uomo nel mondo. Essa sviluppa la convinzione che c’è un modo corretto, «sapiente», di fare le cose e di condurre la vita. L’essere umano deve impegnarsi a cercarlo e poi sforzarsi di metterlo in pratica. Questa sapienza si trova sia nella storia sia nella natura e nella vita di tutti i giorni (22). In tale letteratura, la Sapienza è spesso presentata come una perfezione divina, talvolta ipostatizzata. Essa si manifesta in modo sorprendente nella creazione, di cui essa è «l’artefice» (Sap 7,21). L’armonia che regna tra le creature le rende testimonianza. Di tale sapienza che viene da Dio l’uomo è reso partecipe in diversi modi. Questa partecipazione è un dono di Dio, che bisogna chiedere nella preghiera: «Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne a me lo spirito di sapienza» (Sap 7,7). Essa è ancora frutto dell’obbedienza alla Legge rivelata. Infatti la Torah è come l’incarnazione della sapienza. «Se desideri la sapienza, osserva i comandamenti e il Signore te la concederà. Il timore del Signore è sapienza e istruzione» (Sir 1,26-27). Ma la sapienza è anche il risultato di una sagace osservazione della natura e dei costumi umani al fine di scoprire la loro intelligibilità immanente e il loro valore esemplare.

Nella pienezza dei tempi, Gesù Cristo ha predicato l’avvento del Regno come manifestazione dell’amore misericordioso di Dio, che si rende presente tra gli uomini attraverso la propria persona e chiede da parte loro una conversione e una libera risposta d’amore. Questa predicazione non è senza conseguenze sull’etica, sul modo di costruire il mondo e le relazioni umane. Nel suo insegnamento morale, del quale il discorso della montagna è un’ammirevole sintesi, Gesù riprende da parte sua la regola d’oro: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12). Questo precetto positivo completa la formulazione negativa della stessa regola nell’Antico Testamento: «Non fare a nessuno ciò che non vuoi che sia fatto a te» (Tb 4,15).

All’inizio della Lettera ai Romani, l’apostolo Paolo, con l’intento di manifestare la necessità universale della salvezza portata da Cristo, descrive la situazione religiosa e morale comune a tutti gli uomini. Egli afferma la possibilità di una conoscenza naturale di Dio: «Ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute» (Rm 1,19-20) (26). Ma tale conoscenza si è pervertita in idolatria. Ponendo sullo stesso piano giudei e pagani, san Paolo afferma l’esistenza di una legge morale non scritta, che è inscritta nei loro cuori (27). Essa consente di discernere da se stessi il bene e il male. «Quando i pagani, che non hanno la Legge, per natura agiscono secondo la Legge, essi, pur non avendo Legge, sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano, ora li difendono» (Rm 2,14-15). La conoscenza della legge però non basta da sé per condurre una vita giusta . Questi testi di san Paolo hanno avuto un’influenza determinante sulla riflessione cristiana relativa alla legge naturale.

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Per un approfondimento del tema:

Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor (35-53)

J. Ratzinger, La via della fede, Edizioni Ares, pp 81-104

Commissione Teologica Internazionale, Alle ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale.

Benedetto XVI, Discorso ai membri della commissione teologica internazionale, 5 ottobre 2007

Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Congresso sulla legge naturale, 12 febbraio 2007

 

Piacenza, 24 giugno 2010 – Natività di San Giovanni Battista