Intervento della D.ssa Maria Giulia Cagnolati

Mediatrice famigliare

“Metodi e risorse della mediazione famigliare nelle crisi coniugali e nelle ricerca del bene dei figli”

Con questo intervento mi propongo di delineare brevemente le principali coordinate teoriche, finalità e metodo della Mediazione Famigliare, tenendo conto di chi non conosce ancora questo strumento e di chi invece dispone già di alcune informazioni. Partiamo dai presupposti teorici. Diciamo subito che la Mediazione Famigliare si colloca nel contesto psico-sociale, della relazione d’aiuto. L'obiettivo primo è di incontrare, possibilmente da subito, e poi di lavorare con entrambi i genitori, non uno soltanto come solitamente avviene in ambito legale, per aiutarli a portare a buon fine un compito molto difficile ma fondamentale per il loro benessere e per quello dei loro figli: superare la burrasca della separazione e del divorzio portando in salvo, come dice Vittorio Cigoli, gli dei. Cioè permettendo ai bambini di salvare quel pizzico di divino che è nei loro genitori, in quelle persone da cui sono nati e da cui dipendono totalmente per molti anni di vita, fare in modo che quel pizzico di divino non naufraghi insieme al matrimonio dei loro genitori, in mezzo alla rabbia ed al disprezzo reciproco.

Per condurre a buon fine questo difficile compito i genitori hanno bisogno di aiuto. Questo è il compito della Mediazione Famigliare.

La Mediazione si colloca temporalmente in un momento difficile e  critico della storia del patto coniugale. Il patto coniugale ha diverse vicissitudini nel corso del matrimonio, deve essere più volte rilanciato ed alimentato perché possa vivere e crescere. Può però accadere che il patto, per molte ragioni che non possiamo qui approfondire, non venga rilanciato e che uno od entrambi i coniugi/genitori scelgano di interromperlo. E’ però necessario, pur chiudendo il patto coniugale, rilanciare quello genitoriale.

Detto in altri termini pur avendo deciso di separarsi si deve trovare un modo di continuare ad essere entrambi genitori dei propri bambini. Si tratta, come dicevo, di un compito molto difficile, considerato anzi da molti un compito impossibile perché lo si affronta in un momento di grande sofferenza, nel quale si vorrebbe avere a che fare con l’altro il meno possibile, nel quale si è costretti a fare i conti con il fallimento di un progetto di vita, con l’incertezza sul futuro anche, pesantemente, dal punto di vista economico, su che cosa è meglio per sé e per i propri bambini. Se aggiungiamo i conflitti con le famiglie d’origine che spesso si verificano in queste situazioni possiamo senz’altro paragonarlo ad una violenta burrasca. Il mediatore non può, come fece Mosé con il Mar Rosso, dividere le acque creando un passaggio senza conflitti e pericoli. Può però aiutare i due genitori a tenere il mare, tenere cioè il controllo della barca per arrivare dall'altra parte portando con sé ciò che è più prezioso per i propri figli.

E’ molto comune che nelle coppie che si stanno separando o si sono separate da poco tempo almeno uno dei due usi i propri bambini “contro” l’altro. Per usare intendo farne un mezzo e non il fine, utilizzarli per un obiettivo diverso dal loro benessere. Vengono usati per fare del male all'altro, per dimostrare a se stessi e all’altro di essere un buon genitore nel momento in  cui si pensa di essere un cattivo partner, un cattivo coniuge, vengono usati per salvare il matrimonio.

Devo sottolineare che sto parlando di ottimi genitori o meglio, riprendendo il pensiero di Bruno Bettelheim, genitori quasi perfetti. Sono genitori che vogliono molto bene ai loro bambini ma che sono talmente confusi dalla sofferenza, dalle fatiche che stanno sopportando da dimenticare in qualche momento che cosa è bene, che cosa è  male, quale è la loro responsabilità di adulti e quale è quella dei bambini. Cito di nuovo Vittorio Cigoli: “senza l’elaborazione della fine del legame coniugale è impossibile per i genitori “portare in salvo” la loro funzione generativa perché sono troppo avviluppati nel loro dolore per farsi carico di quello dei loro figli anche se si dicono interessati al loro benessere e comunicano loro che è impossibile superare la tempesta”.

Come questa anche le altre tempeste della vita, aggiungo io. Per questo è così importante che essi abbiamo la possibilità di trattare, dare un nome ai loro sentimenti nella situazione della separazione e del divorzio per continuare ad assumersi le loro responsabilità di adulti e di genitori, per ritrovare quello che  Françoise Dolto chiama "quell'amore casto verso i nostri figli". Cioè la capacità di amarli rimanendo liberi dal bisogno e dal desiderio di possederli, quindi anche di usarli. Non è affatto facile nemmeno nelle famiglie unite, possiamo immaginare quanto lo sia in una situazione di grande sofferenza.

Come possiamo definire la Mediazione Famigliare?

La Mediazione Famigliare è un percorso che i genitori scelgono di fare, accompagnati da una persona esperta, il mediatore, non “neutrale” ma capace di riconoscere e dare valore ai bisogni di entrambi, in un contesto di imparzialità in cui ciascuno può esprimersi liberamente, senza prevaricare l’altro ma con la garanzia che il mediatore non riferirà nulla di quanto emerso nella stanza della mediazione.

Il risultato concreto è l’elaborazione e la definizione di accordi su tutti gli aspetti importanti per quei genitori. Sono i genitori, con l’aiuto del mediatore, a decidere gli argomenti da trattare in mediazione ed a definire le priorità. Alcuni genitori ad esempio chiedono: "Ci aiuti a dire ai nostri bambini nel modo più corretto che ci stiamo separando". Altri temi che i genitori vogliono affrontare sono: a chi saranno affidati i bambini, con chi vivranno, quando e come incontreranno il genitore non affidatario, ...

Gli accordi sono quindi il risultato tangibile del percorso di Mediazione Famigliare ma per ottenerli si devono avere presenti obiettivi più profondi, come elaborare e comprendere il  fallimento del legame: è una bella sfida per la mediazione.  D'altra parte è questo passaggio indispensabile per definire i nuovi confini, le nuove distanze tra queste due persone e quindi tra i due nuovi nuclei risultanti dalla separazione che sono i contesti in cui vivranno i bambini. Non trattare dei nuovi confini significa rischiare di passare da un attaccamento confusivo ad un esasperato conflitto. Ci sono papà, convinti di agire per il bene dei propri bambini, che propongono di andare tutte le sere a cenare con loro e con la mamma. In Mediazione li si aiuta a riflettere se questo è davvero un bene per i bambini, sul fatto che la separazione porta usualmente con sé molti elementi di sofferenza ma ha un aspetto positivo: la  chiarezza. Con questa scelta si rischierà di lasciar credere ai bambini che i loro genitori siano ancora insieme e quanto potrà durare questa situazione? Non sarà forse peggio per i bambini dover accettare la dolorosa realtà della separazione dopo aver avuto l’illusione che rimanessero insieme? Daranno ancora credito ai loro genitori che gli hanno comunicato la loro separazione e poi si sono comportati come se nulla fosse? Quale sarà il luogo in cui potranno sfogare il loro dolore e la loro rabbia e si sentiranno riconosciuti in questi sentimenti?

Senza definire i confini è impossibile riuscire ad andare avanti ed andare avanti conservando la fiducia nei propri genitori e nella possibilità del legame è un diritto di ogni bambino.

Questa elaborazione però richiede un tempo ed uno spazio di pensiero. Questo spazio non può essere il Tribunale né, credo, lo studio dell’avvocato.

Abbiamo fin qui accennato ad alcuni importanti aspetti della Mediazione Famigliare: dare un nome ai sentimenti, trovare in sé le risorse per continuare ad assumersi consapevolmente le responsabilità di adulti e di genitori.

Aggiungiamo un altro aspetto: condividere conoscenze e riflessioni sul divorzio, sui bisogni dei bambini in genere in situazioni come questa e su quelli dei loro bambini. Spesso i genitori quando stanno per separarsi sono così spaventati dal futuro e preoccupati di quanta sofferenza, a causa loro, dovranno patire i loro bambini da perdere la fiducia in se stessi come genitori, nella loro capacità di comprendere i bisogni dei loro bambini e di saper parlare con loro usando le parole giuste. Pensano di delegare ad “esperti” questi compiti. La Mediazione si pone l’obiettivo di restituire loro la competenza genitoriale, la consapevolezza di sapere qual è il meglio per i loro bambini e propone questo obiettivo ad entrambi i genitori, insieme.

Scorriamo ora alcuni punti che caratterizzano la Mediazione Famigliare in Italia:

  • il libero accesso. Nel nostro Paese la Mediazione può essere scelta dai genitori. Il giudice, gli avvocati, i servizi sociali, gli psicologi possono suggerirla o consigliarla ma nessuno può “prescriverla”. In alcuni Stati è invece obbligatoria; in Canada ad esempio il giudice invia i genitori ad un primo colloquio di informazione dopo il quale possono decidere se iniziare o no il percorso della Mediazione. Credo che in Italia e a Piacenza si debba lavorare molto per far conoscere e sperimentare ai genitori questo strumento ma l’elemento della libera scelta rimane determinante per la riuscita del percorso.
  • I figli in Mediazione. Su questo tema importante ci sono posizioni molto diverse: alcuni sostengono che i figli non devono mai essere coinvolti in Mediazione perché il posto dei bambini non solo non è in Tribunale ma nemmeno nella stanza della  Mediazione, il posto dei bambini è a casa, a scuola, ai giardini, …, i benefici del lavoro che stanno facendo per loro i loro genitori lo sperimenteranno nella vita quotidiana. Altri considerano queste affermazioni un modo per negare la realtà di fatica e sofferenza che coinvolge inevitabilmente anche i bambini. Dipende quindi dalle situazioni, ad esempio può essere utile e opportuno coinvolgere un figlio adolescente quando in Mediazione si parla di come i genitori organizzeranno il loro tempo con lui. Occorre avere presente che non è indicato incontrare i figli all'inizio del percorso, quando si è ancora in mezzo alla burrasca, ma alla fine, quando i genitori hanno sperimentato un modo di stare insieme basato sul rispetto reciproco, quando non stanno più discutendo tra loro ma sono pronti a confrontarsi con il figlio su una proposta comune. In ogni caso è necessario che siano i genitori a volere questo incontro che deve essere preparato molto accuratamente.
  • Criteri di mediabilità. Molti Mediatori hanno riflettuto su questo tema, hanno elaborato proposte di criteri qualitativi ed anche scale per valutare se una coppia è o meno adatta alla Mediazione Famigliare. Un criterio interessante è ad esempio lo squilibrio di potere tra i due genitori: quando è molto rilevante, dal punto di vista economico o del rapporto con i figli è difficile che la Mediazione abbia successo. In generale  credo che ogni Mediatore debba essere consapevole di dove si sente di arrivare. Nessuno può accompagnare un altro dove non si sente di andare. Quindi se ci sono questioni o problematiche che il Mediatore sa di non poter affrontare è senz’altro meglio non affrontarli con le coppie perché esse potrebbero percepire la paura del Mediatore e trovarsi ancora più in difficoltà.
  • Il momento migliore per iniziare il percorso di Mediazione. Se dobbiamo individuare un momento ideale per iniziare la Mediazione potrebbe essere quando si sta decidendo o si è appena deciso di separarsi ma non esiste una regola. Si può iniziare in qualsiasi momento se si sente la necessità di definire accordi di separazione condivisi o di rivedere accordi già presi. E’ però importante che nel periodo in cui si svolge il percorso della Mediazione non sia contemporaneamente in corso il procedimento in Tribunale o, se è in corso, sia temporaneamente sospeso. La ragione è che le regole, il linguaggio ed il clima che si sperimentano in Mediazione sono molto diversi da quelli del Tribunale e questo può pregiudicare il successo del percorso.
  • La durata del percorso. In Italia ed in Europa il percorso si compone di 10 - 12 incontri. In America l’impostazione è più pragmatica ed operativa, ci sono mediazioni di 3 - 4 incontri in cui si affrontano singoli aspetti ed obiettivi limitati e specifici. Per quanto riguarda la frequenza degli incontri questa dipende dagli obiettivi che i genitori si danno dalla fase del percorso in cui ci si trova. Solitamente si inizia con una cadenza quindicinale e può accadere che verso la fine ci sia la necessità di darsi tempi più lunghi per verificare se una soluzione scelta o un accordo preso funziona o vanno fatti piccoli aggiustamenti. Poi c'è … la vita … ci sono le ricorrenze, le vacanze, gli imprevisti. Ciò può voler dire vedersi meno spesso durante l’estate o più spesso se c’è la necessità di decidere con chi i bambini passeranno ad esempio le vacanze di Natale.
  • I costi della Mediazione. Di norma il primo incontro ha carattere informativo ed è gratuito. Poi i costi si differenziano molto in base al luogo in cui si svolge la Mediazione. Presso alcuni servizi pubblici il percorso è interamente gratuito, presso altri si paga una quota, normalmente piuttosto ridotta, ad incontro. Se invece ci si rivolge ad un Mediatore libero professionista i costi naturalmente possono variare molto.
  • Le fasi della Mediazione. Il percorso inizia quasi sempre con una telefonata: la telefonata di uno dei due genitori che chiede informazioni sulla Mediazione. A volte è quello dei due che ha più fretta di andare e spera con la Mediazione di raggiungere questo obiettivo più velocemente e senza far troppo soffrire l’altro; a volte è quello che non vuole lasciar andare l’altro e spera di allungare, con la Mediazione, il tempo insieme; a volte la decisione non è stata ancora presa e i due si trovano solo in un momento di crisi. In ogni caso chi telefona ha bisogni e speranze forse diversi dai bisogni e dalle speranze dell’altro; per questo sarebbe molto bene fossero presenti entrambi già dal primo incontro; però non sempre è possibile. Il Mediatore, quando avvia una Mediazione incontrando separatamente i genitori, deve essere consapevole che ciascuno avrà le proprie fantasie su quanto è stato detto o sarà detto dall’altro, avrà il sospetto che il Mediatore prenda le parti dell’altro. E’ quindi molto importante porsi subito l’obiettivo di conquistarsi la fiducia di entrambi ad esempio dichiarando e ribadendo un’importante regola della Mediazione: il Mediatore non può lavorare con i segreti. I segreti sono un fardello che il Mediatore non può portare perché inevitabilmente creano un’alleanza con uno dei due genitori e rompono il patto di fiducia necessario per lavorare. Capita molto di frequente che uno dei due genitori cerchi di parlare da solo con il Mediatore, questi momenti devono essere limitati il più possibile e sempre si deve ricordare a chi ci sta parlando la regola sui segreti e che ciò che ci sta dicendo dovrà essere condiviso anche con l’altro genitore.

La Mediazione inizia con una fase di pre-mediazione nella quale si instaura il rapporto con i genitori, si confrontano le aspettative sul percorso intrapreso, si raccolgono le informazioni, in alcuni casi si aiutano le persone a capire se vogliono davvero separarsi. Se è proprio questa la loro intenzione si scelgono gli argomenti da trattare e l’ordine con cui trattarli (il Mediatore aiuta i genitori a definire in quale ordine affrontare gli argomenti, se partire da quelli più delicati a quelli più semplici). La fase di pre-mediazione si conclude con l’impegno dei genitori a trattare dei temi scelti in Mediazione. Inizia quindi la Mediazione vera e propria. Per ogni tema scelto il Mediatore aiuta i genitori a trovare una formulazione condivisa ed a far emergere speranze, paure e preoccupazioni ad esso connesse. I genitori vengono aiutati a negoziare su ogni argomento scelto, a cercare tutte le soluzioni e le opzioni possibili, ad analizzare i pro e i contro di ciascuna e a scegliere l’opzione migliore per loro ed i loro bambini in quel momento. In questa fase compito del mediatore è guidare il lavoro comune dei genitori, tenere i tempi, fare in modo che venga affrontato un argomento alla volta, ma soprattutto aiutarli a passare dalle loro “posizioni”, spesso contrapposte ed inconciliabili, ai “bisogni” che stanno sempre dietro alle posizioni e sui quali è possibile comprendersi ed incontrarsi.

Inevitabilmente ci saranno momenti di conflitto e momenti in cui riemergono vecchi problemi: queste situazioni non vanno passate sotto silenzio ma affrontate ed analizzate perché possono essere molto utili a comprendere i bisogni profondi delle persone, devono però essere affrontate per quello che sono senza enfatizzarle. La Mediazione si conclude con la sottoscrizione di un accordo da parte dei genitori di cui il Mediatore è il “garante”.

La formazione del Mediatore. In Italia non c'è un albo di mediatori ma una Associazione di Mediatori, la Società Italiana di Mediazione Familiare (SIMEF). Le caratteristiche che deve avere la formazione del Mediatore sono state definite dal Forum Europeo di Mediazione Famigliare. Si diventa Mediatori in Italia frequentando un master di almeno 30 giornate di formazione distribuite su due anni; sono poi necessarie un certo numero di ore di pratica e supervisione al termine della quale viene discussa una tesina. Volendo iscriversi al SIMEF si deve sostenere un colloquio nel quale viene esposto e discusso un caso. In Italia ci sono molte scuole presso le quali è possibile svolgere la formazione, alcune di queste accettano l’iscrizione di psicologi, pedagogisti ed assistenti sociali, altre anche di avvocati. Su che cosa verte la formazione? Sulla psicologia della separazione e del divorzio – dal punto di vista dei genitori e da quello dei bambini - sulla legislazione, sulle tecniche della negoziazione. Si impara  soprattutto a creare un clima, ad ascoltare le persone ed aiutarle a non avere paura dei propri sentimenti e ad esprimerli ma anche a contenere la rabbia ed il dolore quando è necessario. Si impara a garantire l’ordine del giorno di ogni incontro ed il rispetto dei tempi, a raccordare ogni tappa in un unico percorso.